Che razza di Sport!

A Giugno nei nostri meandri, troverete quattro film in rassegna che raccontano il duro rapporto esistito nella storia (e purtroppo ancora esistente) tra il mondo dello sport e il razzismo. Quattro film che raccontano la storia di alcuni campioni che, prima di combattere sul ring o di ambire alla vittoria in campo, hanno dovuto affrontare il pregiudizio e l’intolleranza razziale.

gloryroad– Martedì 6 Giugno 2016 => “Glory Road”, un film di James Gartner. Con Josh Lucas, Derek Luke, Austin Nichols, Mehcad Brooks, Alphonso McAuley.

Trama: Nel 1965 l’allenatore Don Haskins, affidandosi esclusivamente all’abilità degli atleti e senza tener conto dei fermenti politici e razziali in atto, mette insieme un team composto esclusivamente da giocatori afroamericani. Grazie al suo coraggio, la misconosciuta squadra di basket della Texas Western University riuscirà a vincere il campionato NCAA del 1966.

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Pictured: Alphonso MacAuley, Mitch Eakins, James Olivard, Sam Jones III, Mechad Brooks, Austin Nichols, Schin A.S. Kerr (obscured) Josh Lucas, Kip Weeks, Damaine Radcliff

Ispirandosi a una storia vera, l’esordiente James Gartner offre a Josh Lucas (Poseidon) il volto del leggendario allenatore americano e costruisce un godibile e movimentato film che piacerà agli appassionati della pallacanestro e degli anni Sessanta, soprattutto grazie ad una colonna sonora fatta di celebri pezzi d’epoca, come per esempio “Twist and shout” degli Isley Brothers.

Prodotto da Jerry Bruckheimer, il film è lontano dall’intensità del cinema morale e indipendente dello Spike Lee di He got game, anch’esso ambientato sul campo da pallacanestro, ma è comunque capace di tratteggiare un ritratto corale coerente e ricco di sfumature, grazie anche a una ricca galleria di personaggi secondari.

 

Invictus– Martedì 14 Giugno 2016 => “Invictus”, un film di Clint Eastwood. Con Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Patrick Mofokeng, Matt Stern, Julian Lewis Jones.

Trama: Nelson Mandela è il presidente eletto del Sud Africa. Il suo intento primario è quello di avviare un processo di riconciliazione nazionale. Per far ciò si deve scontrare con forti resistenze sia dalla parte dei bianchi che da quella dei neri. Ma Madiba, come lo chiamano rispettosamente i suoi più stretti collaboratori, non intende demordere. C’è uno sport molto diffuso nel Paese: il rugby e c’è una squadra, gli Springboks, che catalizza l’attenzione di tutti, sia che si interessino di sport sia che non se ne occupino. Perché gli Springboks, squadra formata da tutti bianchi con un solo giocatore nero, sono uno dei simboli dell’apartheid. Mandela decide di puntare proprio su di loro in vista dei Mondiali di rugby che si stanno per giocare in Sudafrica nel 1995. Il suo punto di riferimento per riuscire nell’operazione di riunire la Nazione intorno alla squadra è il suo capitano François Pienaar.

invictus1Negli Stati Uniti all’uscita del film c’è chi ha affermato che il nome del protagonista si scriveva Mandela ma si pronunciava Obama. Chi la pensa così evidentemente non conosce nulla di Clint Eastwood. Clint è un repubblicano nel DNA, ha fatto campagna per McCain e attende gli esiti dell’Amministrazione democratica con una fiducia guardinga. Eastwood però è un conservatore illuminato e con il suo cinema ormai da tempo persegue una ricerca nel profondo degli elementi che possono, senza che nessuno perda la propria identità di base, provare a conciliare gli opposti. Lo ha fatto (solo per stare nel breve periodo) con Million Dollar Baby , con Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima e, in modo ancor più esplicito e rivolto al grande pubblico, con Gran Torino .
In Invictus trova in Mandela (e in un totalmente mimetico Morgan Freeman) una sorta di supporto storico alla sua ricerca. Ciò che racconta non è frutto della fantasia di uno sceneggiatore ma trae origine dai fatti narrati nel libro di John Carlin “Playing the Enemy: Nelson Mandela and the Game That Made a Nation”. Eastwood ne trae un film assolutamente classico sia per quanto riguarda lo stile visivo sia per quanto attiene ai due generi consolidati (biografia e cinema e sport) a cui fa riferimento. Si sente in lui e in Freeman la profonda ammirazione per Mandela con la consapevolezza (lo si dice anche a un certo punto facendo riferimento a una gaffe di una sua guardia del corpo a proposito della famiglia) del rischio dell’agiografia. Che viene sfiorato ma poi in definitiva evitato nel momento in cui si mostra come il desiderio di superare il devastante clima dell’apartheid parta dal cuore ma sia filtrato da uno sguardo razionalmente strategico. Mandela non è spinto dal sentimentalismo. I versi di “Invictus” imparati in prigione hanno rafforzato la tempra di un uomo che sa come raggiungere l’obiettivo rischiando in proprio ma sostenendo il rischio con una strategia ben definita. Lui che non sa granché di rugby non solo si tiene a fianco una sorta di trainer ma impara a memoria volti e nomi dei giocatori. Ha la fortuna di trovare in Pienaar un uomo che non dimentica di essere diventato un segno di divisione ma che non teme di mutare atteggiamento. La rudezza sul campo non è disgiunta dall’intuito e il modo in cui Eastwood ci mostra una partita di cui gli annali hanno già fissato l’esito sottolinea questa empatia. Due uomini, due squadre (gli Springboks e il ristretto staff presidenziale) e due ‘popoli’ che compiono un primo, importante passo per iniziare a divenire una Nazione nel pieno e moderno senso del termine. Chi ha la parola ‘buonismo’ sempre a portata di tastiera la sprecherà anche questa volta ricordando magari come in Sudafrica i problemi non siano tuttora completamente risolti. Dimenticando, al contempo, che ci sono film buonisti e buoni film. Invictus appartiene ai secondi.

saporevittoria– Martedì 21 Giugno 2016 => “Il Sapore della Vittoria”, un film di Boaz Yakin. Con Denzel Washington, Will Patton, Wood Harris, Ryan Hurst, Donald Faison.

Trama: I Titans ricordati nel titolo sono la squadra di football americano che negli anni settanta venne allenata da Herman Boone (Washington), coach di colore, che arrivò a quel ruolo così importante contro i fortissimi pregiudizi che vigevano allora. I neri potevano giocare, ma non assumersi la responsabilità della squadra, neppure se avevano dato prove di grandi qualità. Dunque Boone, che ha ottenuto ottimi risultati in squadre universitarie, arriva ad Alexandra, in Virginia, stato fisiologicamente razzista, preparato ad affrontare la discriminazione, si vede invece riconoscere la saporevittoria2propria bravura e diventa allenatore in prima. A quel punto deve combattere con gli stessi giocatori, quelli bianchi naturalmente, che mal sopportano di dover obbedire a un nero. Ma Herman, con grinta e intelligenza, ce la fa. La storia ha certamente sapori agiografici e porta acqua a quella tesi. In America ha creato dibattiti ai quali non si sono sottratti neppure personaggi come Michael Jordan. Per il resto c’è la giusta tensione e una violenza forse esagerata, seppure nel football, che fa della violenza una delle sue grandi prerogative. Film forse “troppo americano”, che rappresenta uno sport che non ha mai del tutto convinto gli italiani.

Ali– Martedì 28 Giugno 2016 => “Alì”, un film di Michael Mann. Con Will Smith, Jamie Foxx, Jon Voight, Mario Van Peebles, Ron Silver.

ali1Il film racconta i fatti fondamentali della carriera e della vita privata di Alì. Si parte dal 1964, dal primo incontro con Liston che diede a Clay il titolo mondiale dei pesi massimi. Il match era truccato ma nel film non viene detto. Viene accreditata la tesi che fu Malcolm X a portare il campione sulla via dell’Islam. Il gran capo dei musulmani neri riceve il ragazzo e gli cambia il nome. Alì, chiamato alla armi rifiuta di partire. Sono gli anni del Vietnam. Il pugile dice la famosa frase, che gli costerà cinque anni di inattività, “i Vietcong non mi hanno fatto niente”. Non può più combattere. Rimane senza un dollaro. Il gran capo religioso lo espelle. Lo riprende quando Alì tornerà a combattere con borse miliardarie. A Kinshasa, nello Zaire, viene organizzato l’incontro del secolo, con Foreman. La città africana, preferita a New York e Las Vegas, assume un altissimo valore simbolico. È il 1974, Alì ha 32 anni e ritorna in possesso del titolo. Il film si chiude col campione esultante sul ring. Mann, nonostante la trama fortemente cinematografica, non ha colto l’occasione.
Tutte le proiezioni avranno inizio alle ore 21:30.
Tutte con estrema puntualità.
Siate anche voi puntuali nel palesarvi.
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