Ci sono i film bellissimi, pieni di effetti speciali, grandi attori, grandi storie e concetti filosofici non trascurabili. Ci sono i film pieni di storie di vita vissuta: a volte, storie di vite abbastanza comuni e speciali per il modo in cui vengono vissute, altre storie invece riguardano certe persone, certi episodi che difficilmente si replicheranno.
Se pensate di avere una vita interessante, vi invitiamo alla rassegna “Storie di Ordinaria Vita Vissuta Vol.2” in cui si darà spazio a tre storie vere che il cinema ha saputo elogiare o, in qualche modo, rappresentare.
– Martedì 7 Febbraio 2017 => “Bronson”, un film di Nicolas Winding Refn. Con Tom Hardy, Kelly Adams, Katy Barker, Edward Bennett-Coles, June Bladon.
Trama:
Ostinatamente devoto alla violenza, Michael Peterson – in arte Charles Bronson – non riesce a tenere sotto controllo il suo egocentrismo. E così, dopo un’infanzia trascorsa tra le mura di una casa piena d’amore, il ragazzo cresce collezionando bravate di poco conto. Una volta diventato grande, muscoloso e forzuto, dopo l’ennesima prepotenza, viene rinchiuso per sette anni in carcere. Nella cella, tra una scazzottata al secondino e un morso ai colleghi più miserevoli, diventa il prigioniero più famoso d’Inghilterra: un carcerato eccentrico e sbiecamente intelligente che non ha mai ucciso nessuno ma vive da trent’anni in totale isolamento.
La regia di Nicolas Winding Refn scompone la vita di Bronson in quadri artefatti, esteticamente ineccepibili. Ogni dettaglio della scenografia si lega con cura maniacale ai movimenti degli attori, così come la scelta dei colori segue scrupolosamente i dettami di un perfetto equilibrio cromatico. L’impatto visivo è notevole, soprattutto nelle scene in cui Tom Hardy – sovraccaricato di massa muscolare e pazzia – dimostra tutta la potenza del suo narcisismo deviato. Ben oltre misura e discrezione, il film si divide in tre parti ambientate in tre luoghi diversi: il palcoscenico di un teatro, il mondo esterno e la cella d’isolamento. Attraverso gli spostamenti tra questi spazi dell’anima, l’uomo si trasforma fino a divenire un prodotto, da deridere o denigrare, ma con il quale è bene scontrarsi.
Incorruttibile (la sua morale non prevede l’omicidio, punizione che ritiene giusta solo per i pedofili) e arguto artista della violenza, il personaggio che esce dal racconto di Refn è, più che un criminale, un anarchico pubblicitario che riesce a vendere se stesso come ‘brand’, meglio di qualsiasi rappresentante in giacca e cravatta. Mettendolo su un palcoscenico a parlare di sé, il regista sceglie di porre l’attenzione sull’aspetto più intellettuale di Bronson, perché l’uomo che si nasconde dietro a sputi e pugni è molto più interessante. Scrittore, pittore, esteta, pur di diventare famoso, avrebbe sacrificato ogni cosa ma mai per il solo gusto di fare del male agli altri.
– Martedì 14 Febbraio 2017 => “The Walk” un film di Robert Zemeckis. Con Joseph Gordon-Levitt, Ben Kingsley, Patrick Baby, Marie Turgeon, Soleyman Pierini.
Trama:
Il 7 Agosto del 1974 il funambolo francese Philippe Petit realizza il suo sogno, qualcosa di impossibile, qualcosa che nessuno farà mai più. Per quasi un’ora cammina avanti e indietro su un cavo teso tra le torri gemelle di New York, a più di 400 metri d’altezza, senza alcuna protezione. Lo guardano la sua donna, gli amici che lo hanno aiutato, la polizia che aspetta di arrestarlo, la città e poi il mondo. Lo guardano le nuvole. Philippe Petit cambia il modo in cui New York guarda ai suoi nuovi simboli negli anni ’70, li ammanta della magia dell’arte e dell’incredibile, realizza il sogno nella terra dei sogni. Poi, nel 2001, un incubo riscriverà quello sguardo e quello spazio, con un altro, definitivo, “per sempre”.
Ci sono due torri, due paesi e due anime nel film di Zemeckis. C’è la Parigi della prima parte, che pare uscita da un musical di Stanley Donen apparso fuori tempo massimo, dove i protagonisti della storia più che arrampicarsi sul filo si arrampicano sugli specchi per giustificare il loro utilizzo dell’inglese, dove la finzione scolora la realtà nonostante costumi e fotografia s’ingegnino per fare l’opposto, dove accade esattamente ciò che non dovrebbe accadere sulla corda, e cioè che si finge, e questo – Philippe l’ha appreso dal suo mentore Papa Rudy – questo il pubblico lo sente.
Poi le cose cambiano, attraversato l’oceano la prospettiva si ribalta: qui Zemeckis fa sul serio e anche questo il pubblico lo sente. Il “colpo” di Petit diventa il colpo del regista; la posta in gioco è ambiziosa e la tecnica è tutto. Scollati dal suolo, a partire dalla notte sul tetto, il sogno del funambolo francese e il cinema dell’americano s’incontrano, sono fatti della stessa materia, comandano la temporalità con le loro leggi particolari, rubano il respiro, gelano le mani per l’emozione e per la temperatura dell’aria del cielo all’alba.
Se nell’intro del film, Petit/Gordon Levitt rifiutava di trovare un perché alla sua impresa, facendosi bastare il richiamo della bellezza e dello spettacolo, in coda, al contrario, Zemeckis sembra giustificare la sua scelta di girare The Walk col desiderio di partire da una storia vera per parlare di un’altra storia vera, fatta anch’essa di ansia e di vertigine, ma di segno opposto: una storia in cui l’equilibrio del mondo va in pezzi e i corpi precipitano anziché danzare sospesi. Quello rivolto all’undici settembre è un pensiero fin troppo evidente, per quanto reso silenziosamente, ma anche inevitabile. “La nostra civiltà – scriveva, all’indomani della tragedia, Paolo Lagazzi – è un sogno sospeso a un filo sottile”.
– Martedì 21 Febbraio 2017 => “Dallas Buyers Club”, un film di Jean-Marc Vallée. Con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O’Hare, Steve Zahn.
Trama:
Ron Woodroof vive come se non ci fosse un domani, non credendo alla medicina ma professando solo la religione della droga e dell’alcol. La scoperta di non avere realmente un domani a causa della contrazione del virus HIV apre un calvario di medicinali poco testati e molto inefficaci, fino all’estrema soluzione di sconfinare in Messico alla ricerca di cure alternative. Lì verrà a conoscenza dell’esistenza di farmaci e cure più efficaci, ma non approvate negli Stati Uniti, che deciderà di cominciare ad importare e vendere a tutti coloro i quali ne abbiano bisogno, iniziando un braccio di ferro legale con il proprio paese.
Nel percorso attraverso le fiamme costituito da un male lento e letale come quello portato dal virus HIV esiste un che di religioso. I più bigotti hanno individuato nella malattia a cui il virus porta (che essendo venerea si trasmette anche attraverso il sesso e che ha colpito molto gli omosessuali) una punizione divina per atteggiamenti contrari alla morale promulgata dalla Bibbia, Jean-Marc Vallée invece usa l’abisso dell’aspettativa di morte a causa dell’HIV per raccontare un percorso di santità.
Ron Woodroof come i grandi santi dell’antico testamento parte dalla posizione più deprecabile, preda di tutti i principali vizi e colmo d’odio verso chiunque non sia come lui, ma la prossimità alla morte lo costringerà a rivedere la propria intolleranza e ad aprirsi a un commercio e una benevolenza verso il prossimo che sono la caratteristica portante della santità.
Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:30…puntualissime!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi!
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