Fantasie Prossime

Fantasie Prossime

La prossimità di quel che la fantasia partorita dalla nostra mente ci può solo destabilizzare se si pensa poi a quanto quelle stesse fantasie abbiano trovato forma nella più recondita e poco realistica mente umana.
Quattro date con quattro film che danno un tantino l’idea della direzione della nostra società…non tanto lontana dalla fantasia o dalla fantascienza.

villaggio dannati– Martedì 7 Marzo 2017 => “Il villaggio dei dannati”, un film di John Carpenter (USA 1995), con Christopher Reeve, Linda Kozlowski, Michael Paré, Mark Hamill, Kirstie Alley.

Trama:
Un sonno improvviso stordisce l’intera cittadinanza di Midwich. Tempo dopo una decina di donne – tra le quali una sterile ed una vergine – scoprono di essere incinte. Gli scienziati ritengono si tratti di una xenogenesi, ma non sanno spiegare la causa del sonno collettivo. I bambini che nascono rivelano identico DNA e crescono, nel fisico e nell’intelligenza, più rapidamente dei loro coetanei, manifestando ben presto la capacità di essere in contatto telepatico ed una impressionante, totale assenza di emozioni. Il dottor Chaffey, “padre” di uno dei nati, assiste impotente ad una spirale di inaudita violenza provocata dagli indecifrabili adolescenti e deve piegarsi alla necessità, avvertita dalla polizia, di distruggerli. Recando con sé una valigia imbottita di esplosivo, si avvia ad un incontro con i ragazzi sforzandosi di pensare incessantemente ad un muro per impedire che loro riescano a leggere le sue intenzioni.

the road– Martedì 14 Marzo 2017 => “The Road”, un film di John Hillcoat (USA 2009), on Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee, Charlize Theron, Robert Duvall, Guy Pearce.

Trama:
Sulla strada un uomo e un bambino procedono dietro a un carrello e dentro “una notte più buia del buio e un giorno più grigio di quello passato”. Una pioggia radioattiva ha spento i colori del mondo, una guerra o forse un’apocalisse nucleare ha terminato la natura e le sue creature: gli alberi cadono, gli uccelli hanno perso l’intenzione del volo, il mare ha esaurito il blu, gli uomini non sognano più e si nutrono di uomini e crudeltà. Dal passato verso un futuro che non si vede si muovono un padre e un figlio, resistendo alle intemperie e agli assalti dei disperati con due colpi in canna e il fuoco dell’amore. In viaggio verso sud, il genitore racconta al bambino la sua vita a colori, piena di musica e della dolcezza bionda di sua madre, inghiottita dalla notte e dalla paura di sopravvivere. Lungo la strada il ragazzo esplorerà la propria umanità, imparando la conoscenza del bene e del male.

moon– Martedì 21 Marzo 2017 => “Moon” (Gran Bretagna 2009), un film di Duncan Jones. Con Sam Rockwell, Kevin Spacey, Dominique McElligott, Kaya Scodelario, Matt Berry.

Trama: L’energia sulla Terra non è più un problema, la Lunar ha trovato il modo di generarne in maniera pulita e non dannosa sfruttando il materiale di cui sono composte le rocce presenti sul lato oscuro della Luna. A sorvegliare il lavoro dei macchinari è stata posta una base sul satellite naturale della Terra abitata unicamente da un computer tuttofare dalla voce umana e da un uomo, solo, quasi arrivato al termine dei suoi tre lunghissimi anni di contratto e sempre più vittima degli scherzi che stanchezza e solitudine gli procurano. Sarà un incidente quasi mortale a scardinare il meccanismo di inganni che si cela dietro il suo lavoro mettendolo a contatto inaspettatamente con un altro se stesso.

figli_degli_uomini_n_1– Martedì 28 Marzo 2017 => “I Figli degli uomini” (Gran Bretagna – USA 2006), un film di Alfonso Cuarón. Con Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine, Chiwetel Ejiofor, Charlie Hunnam.

Trama: 2027. In un futuro non troppo distante, in cui il mondo non può più procreare, l’Inghilterra rimane unica zona franca, per non confrontarsi con le guerriglie urbane. Theo (Clive Owen), rapito da Julian (Julanne Moore), una donna attivista amata in passato, ha una grande responsabilità. Dovrà condurre salva una giovane donna fino a un santuario sul mare, e dare la possibilità al mondo di evitare l’estinzione.

Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:30…con estrema puntualità!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi!

Presso il Bukó Circolo Virtuoso
Via Stanislao Bologna 30
Benevento

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Storie di Ordinaria Vita Vissuta Vol.2

Ci sono i film bellissimi, pieni di effetti speciali, grandi attori, grandi storie e concetti filosofici non trascurabili. Ci sono i film pieni di storie di vita vissuta: a volte, storie di vite abbastanza comuni e speciali per il modo in cui vengono vissute, altre storie invece riguardano certe persone, certi episodi che difficilmente si replicheranno.
Se pensate di avere una vita interessante, vi invitiamo alla rassegna “Storie di Ordinaria Vita Vissuta Vol.2” in cui si darà spazio a tre storie vere che il cinema ha saputo elogiare o, in qualche modo, rappresentare.
bronson– Martedì 7 Febbraio 2017 => “Bronson”, un film di Nicolas Winding Refn. Con Tom Hardy, Kelly Adams, Katy Barker, Edward Bennett-Coles, June Bladon.

Trama:
Ostinatamente devoto alla violenza, Michael Peterson – in arte Charles Bronson – non riesce a tenere sotto controllo il suo egocentrismo. E così, dopo un’infanzia trascorsa tra le mura di una casa piena d’amore, il ragazzo cresce collezionando bravate di poco conto. Una volta diventato grande, muscoloso e forzuto, dopo l’ennesima prepotenza, viene rinchiuso per sette anni in carcere. Nella cella, tra una scazzottata al secondino e un morso ai colleghi più miserevoli, diventa il prigioniero più famoso d’Inghilterra: un carcerato eccentrico e sbiecamente intelligente che non ha mai ucciso nessuno ma vive da trent’anni in totale isolamento.
La regia di Nicolas Winding Refn scompone la vita di Bronson in quadri artefatti, esteticamente ineccepibili. Ogni dettaglio della scenografia si lega con cura maniacale ai movimenti degli attori, così come la scelta dei colori segue scrupolosamente i dettami di un perfetto equilibrio cromatico. L’impatto visivo è notevole, soprattutto nelle scene in cui Tom Hardy – sovraccaricato di massa muscolare e pazzia – dimostra tutta la potenza del suo narcisismo deviato. Ben oltre misura e discrezione, il film si divide in tre parti ambientate in tre luoghi diversi: il palcoscenico di un teatro, il mondo esterno e la cella d’isolamento. Attraverso gli spostamenti tra questi spazi dell’anima, l’uomo si trasforma fino a divenire un prodotto, da deridere o denigrare, ma con il quale è bene scontrarsi.
Incorruttibile (la sua morale non prevede l’omicidio, punizione che ritiene giusta solo per i pedofili) e arguto artista della violenza, il personaggio che esce dal racconto di Refn è, più che un criminale, un anarchico pubblicitario che riesce a vendere se stesso come ‘brand’, meglio di qualsiasi rappresentante in giacca e cravatta. Mettendolo su un palcoscenico a parlare di sé, il regista sceglie di porre l’attenzione sull’aspetto più intellettuale di Bronson, perché l’uomo che si nasconde dietro a sputi e pugni è molto più interessante. Scrittore, pittore, esteta, pur di diventare famoso, avrebbe sacrificato ogni cosa ma mai per il solo gusto di fare del male agli altri.

thewalk_vertigini– Martedì 14 Febbraio 2017 => “The Walk” un film di Robert Zemeckis. Con Joseph Gordon-Levitt, Ben Kingsley, Patrick Baby, Marie Turgeon, Soleyman Pierini.

Trama:
Il 7 Agosto del 1974 il funambolo francese Philippe Petit realizza il suo sogno, qualcosa di impossibile, qualcosa che nessuno farà mai più. Per quasi un’ora cammina avanti e indietro su un cavo teso tra le torri gemelle di New York, a più di 400 metri d’altezza, senza alcuna protezione. Lo guardano la sua donna, gli amici che lo hanno aiutato, la polizia che aspetta di arrestarlo, la città e poi il mondo. Lo guardano le nuvole. Philippe Petit cambia il modo in cui New York guarda ai suoi nuovi simboli negli anni ’70, li ammanta della magia dell’arte e dell’incredibile, realizza il sogno nella terra dei sogni. Poi, nel 2001, un incubo riscriverà quello sguardo e quello spazio, con un altro, definitivo, “per sempre”.
Ci sono due torri, due paesi e due anime nel film di Zemeckis. C’è la Parigi della prima parte, che pare uscita da un musical di Stanley Donen apparso fuori tempo massimo, dove i protagonisti della storia più che arrampicarsi sul filo si arrampicano sugli specchi per giustificare il loro utilizzo dell’inglese, dove la finzione scolora la realtà nonostante costumi e fotografia s’ingegnino per fare l’opposto, dove accade esattamente ciò che non dovrebbe accadere sulla corda, e cioè che si finge, e questo – Philippe l’ha appreso dal suo mentore Papa Rudy – questo il pubblico lo sente.
Poi le cose cambiano, attraversato l’oceano la prospettiva si ribalta: qui Zemeckis fa sul serio e anche questo il pubblico lo sente. Il “colpo” di Petit diventa il colpo del regista; la posta in gioco è ambiziosa e la tecnica è tutto. Scollati dal suolo, a partire dalla notte sul tetto, il sogno del funambolo francese e il cinema dell’americano s’incontrano, sono fatti della stessa materia, comandano la temporalità con le loro leggi particolari, rubano il respiro, gelano le mani per l’emozione e per la temperatura dell’aria del cielo all’alba.
Se nell’intro del film, Petit/Gordon Levitt rifiutava di trovare un perché alla sua impresa, facendosi bastare il richiamo della bellezza e dello spettacolo, in coda, al contrario, Zemeckis sembra giustificare la sua scelta di girare The Walk col desiderio di partire da una storia vera per parlare di un’altra storia vera, fatta anch’essa di ansia e di vertigine, ma di segno opposto: una storia in cui l’equilibrio del mondo va in pezzi e i corpi precipitano anziché danzare sospesi. Quello rivolto all’undici settembre è un pensiero fin troppo evidente, per quanto reso silenziosamente, ma anche inevitabile. “La nostra civiltà – scriveva, all’indomani della tragedia, Paolo Lagazzi – è un sogno sospeso a un filo sottile”.

filmz.ru– Martedì 21 Febbraio 2017 => “Dallas Buyers Club”, un film di Jean-Marc Vallée. Con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O’Hare, Steve Zahn.

Trama:
Ron Woodroof vive come se non ci fosse un domani, non credendo alla medicina ma professando solo la religione della droga e dell’alcol. La scoperta di non avere realmente un domani a causa della contrazione del virus HIV apre un calvario di medicinali poco testati e molto inefficaci, fino all’estrema soluzione di sconfinare in Messico alla ricerca di cure alternative. Lì verrà a conoscenza dell’esistenza di farmaci e cure più efficaci, ma non approvate negli Stati Uniti, che deciderà di cominciare ad importare e vendere a tutti coloro i quali ne abbiano bisogno, iniziando un braccio di ferro legale con il proprio paese.
Nel percorso attraverso le fiamme costituito da un male lento e letale come quello portato dal virus HIV esiste un che di religioso. I più bigotti hanno individuato nella malattia a cui il virus porta (che essendo venerea si trasmette anche attraverso il sesso e che ha colpito molto gli omosessuali) una punizione divina per atteggiamenti contrari alla morale promulgata dalla Bibbia, Jean-Marc Vallée invece usa l’abisso dell’aspettativa di morte a causa dell’HIV per raccontare un percorso di santità.
Ron Woodroof come i grandi santi dell’antico testamento parte dalla posizione più deprecabile, preda di tutti i principali vizi e colmo d’odio verso chiunque non sia come lui, ma la prossimità alla morte lo costringerà a rivedere la propria intolleranza e ad aprirsi a un commercio e una benevolenza verso il prossimo che sono la caratteristica portante della santità.

Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:30…puntualissime!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi!

Febbraio 2017…Carnevalate al Bukó!

febbraio-2017

Amore e Morte

amore-e-morteAmore e Morte
– Storie amare e d’amore –

La Morte, la Morte, la Morte che arriva,
La Morte schifosa, la Morte lasciva.
La Morte che vola, la Morte normale,
che cela pietosa del mondo ogni male.
La Morte che vive, la Vita che muore,
la Morte, la Morte, la Morte e l’Amore;
che aspettano insieme il Grande Giudizio
e non hanno mai fine, non hanno mai inizio.

L’intreccio tra morte e amore, eterno, costante, tragico ma reale,
spesso sottovalutato,
poco elogiato,
molto condannato…
qualcosa di indiscutibilmente dannato!
Con quattro film al Circolo Virtuoso Bukó vi faremo vivere una mini-squenza di questo sacro e trascendentale intreccio.

joeblack– Martedì 08 Novembre 2016: Vi presento Joe Black (Germania 2009), un film di Martin Brest. Con Brad Pitt, Anthony Hopkins, Claire Forlani, Jake Weber, Marcia Gay Harden.

Trama: William Parrish è un miliardario che sente voci inspiegabili. La spiegazione c’è: è arrivato nella sua villa il bel Joe Black. Sua figlia Susan se ne innamora subito, ma nessuno sa che si tratta dell’Angelo della Morte venuto a prendere William. Va però prima salvaguardata l’azienda di famiglia che il subdolo Drew vorrebbe sottrargli. Brad ormai può fare di tutto, anche il killer più attivo al mondo in un film decisamente troppo lungo. Hopkins, anche lui, può permettersi di tutto e di più.

wristcutters_2– Martedì 15 Novembre 2016: Wristcutters (USA – 2006), un film di Goran Dukic. Con Patrick Fugit, Shea Whigham, Shannyn Sossamon, Tom Waits, Will Arnett.

Trama: La storia vede i suoi protagonisti uniti in un particolare: sono tutti suicidi! I “wristcutters” (letteralmente “coloro che si sono tagliati i polsi”) vivono una vita parallela alla nostra in un mondo a loro dedicato, ai limiti del grottesco in cui cercano di sopportare il loro status tra cicatrici esteriori ed interiori. Un viaggio nell’aldilà che sembra un’aldiqua.

nonbuttiamocigiu– Martedì 22 Novembre 2016: Non buttiamoci giù (Gran Bretagna – 2013), un film di Pascal Chaumeil. Con Pierce Brosnan, Toni Collette, Aaron Paul, Imogen Poots, Rosamund Pike.

Trama: Martin, Maureen, Jess e J.J. si ritrovano la notte di capodanno in cima ad un palazzo. Non si conoscono ma sono lì tutti per il medesimo motivo: tentare il suicidio. La presenza di altre persone inibisce tutti e quattro, spingendoli a rinunciare e a stringere un legame basato sulle comuni difficoltà. Uniti dal desiderio di non ricadere nel baratro della voglia di morire cominciano a frequentarsi, vanno in vacanza insieme per sfuggire alla pressione che i media, accortisi della loro storia strappalacrime, pone loro ma al ritorno nulla sembra essere come prima.
nonbuttiamocigiu2Adattato da un romanzo di Nick Hornby questo film di Pascal Chaumeil sembra rendere il servizio peggiore alla parola dello scrittore inglese, abitualmente saccheggiato dal cinema, presentandosi immediatamente come il peggior adattamento da una sua opera. Goffo nel procedere e puerile nello sviluppare personaggi incoerenti che si muovono in situazioni strabiche, Non buttiamoci giù non solo non serve il suo intento ma riesce a cadere in tutte le trappole più rischiose di un argomento spinoso. Raccontare il suicidio (o meglio l’istinto suicida) in una commedia non è cosa facile e Non buttiamoci giù ne è la perfetta dimostrazione. I quattro protagonisti, stretti tra loro dal legame creato dalla comune volontà di farla finita in una notte di capodanno, si comportano come vecchi amici in libera uscita, felici e spensierati attraversano piccoli drammi o storie d’amore e tradimento ricordando solo a tratti, in stonati momenti drammatici, di essere degli ex-suicidi. La contaminazione della commedia non riesce a bilanciare il sottofondo serio e drammatico, snaturandolo ogni 5 minuti, in una costante incapacità di mescolare i toni e i registri. In questo non aiuta per niente l’idea di dividere il film in capitoli, ognuno con il nome di un personaggio e lasciando ad esso la narrazione di quel tratto. La suddivisione infatti è solo una facciata che regge i primi 5 minuti dopo la comparsa del nome del capitolo, passato quell’attimo il film continua a procedere come nulla fosse, senza aver cambiato punto di vista e senza porre maggior attenzione su quel personaggio, come se si trattasse di una frammentazione posticcia, aggiunta a film ormai terminato. Sensazione che ben descrive anche il resto delle soluzioni del film. Nonostante avesse dimostrato con Il truffacuori un talento non comune per la commedia, Pascal Chaumeil non riesce a replicare il tocco lieve e anzi sembra usare pennelli ancora più grossi per questa storia, rifiutando di cesellare scene e tratti della personalità a favore di un’esagerata esibizione di gioia di vivere, giustapposta a discorsi sul desiderio di morte. E come spesso avviene quando un film sbaglia totalmente tono e registro lentamente ogni componente vira verso il peggio, anche gli attori più navigati e le scene di sicuro impatto. Dalle musiche, alle battute fino anche allo stile di recitazione dei singoli attori, tutto grida commedia a gran voce (e nemmeno una dalla scrittura raffinata), mentre la trama e la storia individuale dei personaggi imporrebbero una contaminazione più raffinata e meno urlata, l’ironia al posto della grossolana comicità.

 

soffio1– Martedì 29 Novembre 2016: Soffio (Corea del Sud – 2007), un film di Kim Ki-Duk. Con Chen Chang, Park Ji-a, Ha Jung-woo, Hang In-Hyung, Kim Ki-duk.

Trama: Una giovane madre in crisi coniugale (il marito la tradisce) si innamora di un detenuto condannato a morte che ha tentato di suicidarsi. Riesce a incontrarlo nel parlatorio sconvolgendo i suoi sentimenti e suscitando reazioni nei suoi compagni di cella uno dei ne quali ne è geloso. Il marito scopre quanto sta accadendo e cerca di recuperare il rapporto.
soffioKim Ki-Duk ha ormai acquisito una capacità produttiva e realizzativa invidiabile. Riesce a realizzare in tempi brevissimi film che non mancano mai di stupire piacevolmente il pubblico del cinema di qualità anche se la critica internazionale, dopo averlo scoperto e promosso, sta progressivamente prendendone le distanze. Forse perché il suo è un cinema troppo personale (nel senso più pieno del termine) per continuare a piacere a lungo a chi cerca la novità per la novità. Il conflitto tra l’amore e la passione che si fa tutt’uno con il sesso, tra lo spirito e la carne che sembra a volte pretendere la violenza sono problemi che attraversano tutto il suo modo di fare cinema e che anche in questa occasione si ripropongono.

Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:30…puntualissime!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi.

CuCinema

CuCinema
Cibo per l’anima –
È ottobre, sono arrivate le sere uggiose che i cinefili aspettavano già da un po’. E allora mettiamoci comodi, con un buon bicchiere di vino e qualcosa di gustoso da mangiare, perché si mormora che il cinema si sia spostato in cucina (o che sia la cucina ad entrare nel cinema). Per un gustoso gioco linguistico, la rassegna di questo mese s’intitola CuCinema. I film che abbiamo scelto per voi esplorano il mondo del cibo, come e dove lo si fa, come e dove lo si consuma, lo si coltiva o lo si usa. Il cibo è uno spunto, fonte ispirativa ma soprattutto piacere per palato, olfatto e, in questo caso, soprattutto vista.
In Soul Kitchen la rivendicazione orgogliosa di un cuoco folle perché licenziato o licenziato perché folle.
In Pomodori verdi fritti scatena un momento passionale tra due donne tanto affascinanti quanto anticonformiste.
Ne Il giardino dei limoni è un diritto calpestato.
Infine in Caramel è un inusuale modo di epilazione tutto al femminile.
Non ci resta che augurarvi buona visione, o forse dovrei dire: “buon appetito”?

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– Martedì 04 Ottobre 2016: Soul Kitchen (Germania 2009), un film di Fatih Akin. Con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Anna Bederke, Pheline Roggan.

soulkitchenTrama: Ad Amburgo, un cuoco di origine greca, Zinos, gestisce un infimo ristorante denominato Soul Kitchen. La clientela abituale sono i rozzi abitanti della periferia, interessati solo a tracannare birra e ingurgitare piatti surgelati o preconfezionati. Dentro e fuori dal Soul Kitchen ruota tutto il microuniverso di Zinos e relativi problemi: l’ambiziosa e viziata fidanzata Nadine è una giornalista rampante in partenza per la Cina, il fratello Illias un ladruncolo in libertà vigilata con il vizio del gioco, la cameriera Lucia è aspirante artista che vive in un appartamento occupato abusivamente e un vecchio compagno di scuola, Neumann, è disposto a tutto pur di comprare il locale e rilevarne il terreno. Un’ernia al disco improvvisa impone a Zinos delle sedute di fisioterapia e gli inibisce l’uso cucina, così che viene assunto un nuovo cuoco esperto di haute cuisine che, dopo uno scetticismo iniziale, trasforma il ristorante in un locale molto in voga capace di offrire buon cibo e musica soul.Fatih Akin è un abile deejay del mondo del cinema, un giovane autore che ha saputo costruire un suo linguaggio melodico a partire da un’antologia di stili della New Hollywood di Scorsese, Schlesinger e Bob Rafelson.
soulkitchen_1Questa eredità del cinema americano moderno, con la quale aveva finora raccontato i margini di una società multiculturale in pieno dissidio, pervade anche nell’atmosfera conviviale e disinvolta di Soul Kitchen. Cimentandosi con una vera commedia edificante, il giovane regista turco-tedesco mette da parte il tema del viaggio e delega il percorso di emancipazione sociale e di ricerca delle origini, alla musica (come nel documentario Crossing the Bridge) e all’elogio dell’edonismo. Akin pone attenzione ai corpi e ai loro bisogni primari: dal cibo al sesso, dall’alcool alla danza (passando per il mal di schiena), così che i suoi personaggi, liberati dalla necessità di affrancarsi dal proprio retaggio culturale, agiscono nel nome di un puro principio di piacere. Allo stesso modo, punta all’occhio e al ventre dello spettatore: costruisce il suo film come un piatto sofisticato di nouvelle cuisine, o meglio, come una playlist di musica accattivante, facendo molta attenzione a creare mediante una serie di gag fisiche una sinergia fra movimenti dei personaggi, movimenti di macchina e ritmo dei brani della colonna sonora. È una strategia molto furba e molto ricercata, elaborata da un regista che ha già compreso le tendenze del nuovo cinema della post-globalizzazione (vedi The Millionaire): le storie che intrecciano società multietniche, una regia dinamica, buona musica e un lieto fine sono destinate a vendere (e incassare) in tutto il mondo.

– Martedì 11 Ottobre 2016: Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) (USA 1991), un film di Jon Avnet. Con Kathy Bates, Mary Stuart Masterson, Mary-Louise Parker, Jessica Tandy, Cicely Tyson.

pomoverdi_1Trama: L’anziana Ninny dà una lezione di vita alla triste e in sovrappeso Evelyn, una casalinga non molto felice. Le narra infatti la storia tra due donne: Ruth e Idgie, entrambe desiderose di indipendenza (una dal marito e una dalle coercizioni). Queste ultime negli anni Trenta gestivano il Whistle Stop Cafè, dove una delle specialità erano pomidoro verdi fritti. C’è di mezzo anche un omicidio. Buono il cast, in evidenza soprattutto le due vincitrici di Oscar, Jessica Tandy e Kathy Bathes. Il film però non convince del tutto per la sua natura poco equilibrata di commedia-dramma-giallo. Negli Stati Uniti ha raggiunto un incasso di 100 miliardi di lire.

– Martedì 18 Ottobre 2016: Il giardino di limoni (Francia 2008), un film di Eran Riklis. Con Hiam Abbass, Ali Suliman, Doron Tavory, Rona Lipaz-Michael, Tarik Kopty.

giardinolimoniTrama: I vicini di casa possono essere molto invadenti. Quando poi si tratta del Ministro della Difesa israeliano, non parliamone. Salma è palestinese, vive da sola in Cisgiordania nella casa di sempre, ha un figlio in America e un marito in Paradiso. La sua unica preoccupazione è la cura del giardino di limoni che ha ereditato dalla famiglia, delizia per il sostentamento ma croce per il nuovo vicino di casa, il ministro Navon, che vede negli alberi di Salma, un ottimo nascondiglio per progettare attacchi terroristici. Gli alberi vanno abbattuti ma Salma non vuole rinunciare ai suoi limoni e, con l’aiuto del giovane avvocato Ziad e il sostegno a distanza di Mira, la moglie del ministro, inizierà una battaglia legale senza fine.Dopo aver affrontato il dramma del conflitto tra Israele e Siria nel precedente La sposa siriana, Riklis ritorna sullo stesso tema ma cambia il punto di vista. Se prima era il matrimonio, simbolo di unione pacifica per eccellenza, a portare con sé le conseguenze tragiche di una guerra in corso, ora sceglie una discordia tra vicini di casa. E quando si vive in Cisgiordana, a due passi dal confine israeliano, non è mai solo una bega condominiale. Qui lo sguardo delle due donne antagoniste, una israeliana e l’altra palestinese, sorregge il peso della Storia: Salma è una donna umile, legata radicalmente al fluire della natura, che la rincuora dandole il frutto della sua pazienza e del suo amore e Mira ha abitudini occidentali, è molto curata e, come spesso accade alle mogli dei politici, si occupa di organizzare lussuose feste di ricevimento. I limoni di Salma fanno parte della sua persona, vivono nel ricordo dei genitori e del marito defunto. Nella lettera del ministro, inviata per “suggerirle” di sradicare gli alberi, è racchiusa la diversità tra i due contendenti: l’avviso è scritto in ebraico e Salma non sa leggerlo. I caratteri grafici di una lingua che la donna non parla e non sa decifrare, sono metafora di una mentalità molto diversa dalla sua. Quelle lettere che lei non sa comprendere sono il codice da interpretare per confrontarsi con l’Altro, con il persecutore; per arrivare a un compromesso pur sapendo benissimo che, per onorare se stessa e le sue origini, non dovrà cedere ad alcun tipo di risarcimento. Se il giardino di limoni non esistesse più, scomparirebbe anche lei.Oltre il recinto che separa Salma, territorialmente e umanamente, dalla villa di Navon, Mira, da un punto privilegiato d’osservazione, la guarda e ne scruta i movimenti. Entrambe soffrono, tutte e due si scoprono più simili di quello che l’apparenza sembrerebbe dettare. A farle sentire vicine è un sorriso, una complicità che non ha ancora nome, una mesta solidarietà che, se trovasse lo spazio per esprimersi, o avesse forza sufficiente, umilierebbe facilmente la stoltezza della politica. Una lezione umana che il film sottolinea in ogni passaggio narrativo, con lunghi primi piani sugli sguardi delle due donne, andando a creare un filo invisibile che unisce i destini di entrambe.La costruzione del muro di Israele, il recinto del giardino di limoni, il coprifuoco che blocca la strada sono le immagini di una sceneggiatura ostinata che vuole togliere le barriere, fisiche e spirituali, di un conflitto senza fine. Il regista mostra i limiti da superare, presenta i personaggi nella loro temeraria avanzata verso una pace impossibile. Ma nella lunga messa in scena delle due parti in lotta, la narrazione si irrigidisce un po’ in uno schematismo che fatica a trovare soluzioni: i personaggi si muovono ma rimangono fermi, non c’è mai un avvicinamento concreto e ogni passo fatto in avanti corrisponde a uno scalino verso un nuovo distacco. Anche l’affetto dell’avvocato difensore è un’altalena che gira a vuoto. La natura, nel frattempo, fa il suo corso, i limoni, senza il nutrimento dell’acqua, cominciano a cadere a terra per non risollevarsi più. Come Salma, vittima di un potere troppo forte che, togliendole le radici, la fa scomparire lentamente, senza darle aiuti per rialzarsi.

caramel_1– Martedì 25 Ottobre 2016: Caramel (Francia Libano 2007), un film di Nadine Labaki. Con Nadine Labaki, Yasmine Al Masri, Joanna Moukarzel, Gisèle Aouad, Adel Karam.

Trama: A Beirut, alcune donne lavorano in un istituto di bellezza: Layale (Nadine Labaki), innamorata di un uomo sposato, Nisrine (Yasmine Al Masri), che sta per sposarsi e non sa come dire al futuro sposo che ha già perduto la verginità, Rima (Joanna Moukarzel), che non riesce ad accettare di essere attratta dalle donne, Jamale (Gisèle Aouad), ossessionata dall’età e dal fisico, e infine Rose (Siham Haddad), che ha sacrificato i suoi anni migliori e la sua felicità per occuparsi della sorella Lili (Aziza Semaan). caramel_2-jpgNel salone, tra colpi di spazzola e cerette al caramello, si parla di sesso e maternità, con la libertà e l’intimità propria delle donne.Nadine Labaki, insieme protagonista e regista del film, ci propone un affresco sulle donne, che non mancherà di andare dritto al cuore delle spettatrici, ma non solo. Un acquerello a tinte delicate, mai volgari, che tratta però temi di scottante attualità: la guerra, la convivenza tra cristiani e musulmani, il mischiarsi di abitudini ed etnie differenti. Stupiti, contempliamo come i problemi del mondo femminile siano sempre gli stessi, anche se il progresso sembra essersi fermato agli anni ’80. Le donne fanno scudo, insieme, per affrontare le difficili realtà da cui sono circondate ed assalite.Con colori e fotografia degni dei pittori fiamminghi, Labaki poggia lo sguardo sulle dolci malinconie quotidiane, senza cadere nello scontato o nello stucchevole, e riuscendo a raccontare ben sei storie in una sola, senza che nessuna prenda il sopravvento. Narra attraverso gli occhi, i suoni, gli odori, in modo così pregnante da convincerci di poter toccare e assaporare, come se fossimo realmente immersi nell’atmosfera della ben bilanciata sceneggiatura.Una parola a parte va indubbiamente spesa per la colonna sonora, dosata con saggezza, sempre presente e non stancante, che non mancherà di far ricordare il suo autore, Khaled Mouzanar.

Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:30…puntualissime!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi.

rasSEGNA LIBRO

rasSEGNA LIBRO

In occasione del Maggio dei Libri il Circolo Virtuoso Bukó diviene un luogo dove scambiare suggestioni, emozioni e sensazioni associate al mondo della lettura e lo fa con una rassegna che ha proprio il libro come filo conduttore.

  • La_nona_porta2Martedì 3 Maggio 2016 => “La nona porta”, un film di Roman Polanski, con Johnny Depp, Lena Olin, Emmanuelle Seigner, Frank Langella, James Russo.Trama: Polanski, uomo dalla vita più grande del vero e grande regista anche nelle cadute di stile, oltre che attore teatrale straordinario (nella Metamorfosi kafkiana e in Amadeus di Shiffer a Vienna), qui sacrifica il suo talento ad un tentativo di film satanista di cassetta non paragonabile a Rosmary’s Baby. La bella moglie Seigner è sciupata in un ruolo inattendibile, come, del resto, gli altri interpreti di rango. Lo spunto è dettato da due libri, edizioni uniche e antiche, che, passati nei secoli di mano 9in mano, hanno determinato tragedie immani. Il successo di questo film è modesto rispetto alle aspettative. Ma Polanski è sempre Polanski: chapeau.
  • the-words
    Martedì 10 Maggio 2016 => “The words”
    , un film di Brian Klugman, Lee Sternthal. Con Bradley Cooper, Jeremy Irons, Dennis Quaid, Olivia Wilde, Zoe Saldana.
    Trama: Clay Hammond è un celebre scrittore corteggiato da una seducente dottoranda che vorrebbe carpire la verità dentro e dietro il suo romanzo. Avvicinato durante una lettura pubblica, Clay si limita a confessare i primi capitoli del libro introducendo la vita del suo personaggio: Rory Jansen, che si sogna scrittore e sogna il libro della vita, libro che arriverà dentro una vecchia ventiquattrore e non attraverso un’ispirazione. Pubblicato e raggiunto il successo a colpi di premi letterari, Rory viene seguito e poi ammonito da un vecchio signore che rivendica la paternità del libro e la storia della sua vita. Scoperto, Rory proverà a rimediare e poi a convivere con la menzogna e i propri limiti. A non riuscirci sarà la giovane moglie a cui lo scrittore, alla maniera del suo creatore, ha mentito. Perché Rory è probabilmente una proiezione di Clay e Clay il prosatore di se stesso.
    The Words, film d’esordio degli sceneggiatori Brian Klugman e Lee Sternthal, è un dramma intrigante intorno al tema della narrazione, una riflessione sull’arte di raccontare storie, o più propriamente sul bisogno di farlo. Al punto di rubare un manoscritto per farsi scorrere tra le dita il piacere delle parole o di ripudiare la propria consorte per averle perdute. Storia dentro un’altra storia che diventa Storia, The Words è affollato di personaggi col vizio della scrittura: chi lo fa per mestiere, chi ha un romanzo nel cassetto, chi ha perduto il libro della vita insieme alla propria vita. Tutti registrano un’urgenza di comunicare, di esplorare e di esplorarsi, di dare uno sfogo alla tristezza e una forma alla vita, di ritrovare quello che si è sprecato, di scoprire quello che non si è mai avuto. La cornice del film è un reading letterario, letteralmente narrante, dove non è nemmeno sempre chiaro cosa è vero e cosa no, chi è chi, chi ha scritto cosa, chi ha inventato chi. Klugman e Sternthal confondono impercettibilmente i piani del reale e della finzione, dove i sogni e i desideri hanno la stessa nitidezza del momento presente. Alla maniera di una scatola cinese, Clay Hammond racconta Rory Jansen che plagia un vecchio uomo che romanza un amore conosciuto e poi smarrito come le pagine del suo libro. L’immaginazione per i tre protagonisti (Dennis Quaid, Bradley Cooper e Jeremy Irons), che potrebbero essere in fondo la stessa persona, è un laboratorio in cui fermentano le emozioni della vita reale e in cui fervono i preparativi per la vita reale, quella che si ha paura ad affrontare e su cui non ci è mai concesso un secondo giro. Ma se esiste un solo modo di vivere una vita, ne esistono almeno tre per raccontarla, suggerisce The Words, seguendo parallelamente quella reale e quella finzionale, quella creata e quella rubata, quella navigata e quella naufragata. L’idea dei registi, nel modo del cinema, mette il mondo in movimento dentro una cornice e attraverso le parole. Parole seminate nelle immagini in attesa che attecchiscano stando a vedere (e ad ascoltare) quello che succederà.
     
  • trenoDInottePERlisbona2Martedì 17 2016 => “Treno di notte per Lisbona”, un film di Bille August. Con Jeremy Irons, Mélanie Laurent, Jack Huston, Martina Gedeck, Tom Courtenay.

    Trama: Ogni mattina, il professor Raimund Gregorius si reca nella scuola di Berna dove insegna. Ma una mattina riscrive per sempre il suo percorso: una ragazza disperata è in procinto di buttarsi da un ponte ed è proprio Raimund a fermarla prima che sia troppo tardi. La ragazza scappa, ma lascia dietro di sé un libro e un biglietto ferroviario per Lisbona. Raimund, spinto dal bisogno di cambiamento e da un’improvvisa sete di avventura, sale sul treno e, una volta in Portogallo, si mette sulle tracce dell’autore del libro, Amadeu de Prado, medico e membro della resistenza che si oppose al regime di Salazar. Nasce e si svolge all’insegna del travestimento, e dunque del falso, questo film di Bille August, che traduce sullo schermo un romanzo best-seller nei paesi di lingua tedesca firmato da Pascal Mercier, nom de plume di Peter Bieri. Quando la cartolina di Berna lascia il posto a quella di trenoDInottePERlisbonaLisbona, le glorie attoriali, vecchie e nuove, di Germania, Francia e Inghilterra si spacciano per nativi portoghesi, in un film girato interamente in inglese, che decreta pertanto immediatamente la sua appartenenza ad un regime di finzione tout court, anche piuttosto anacronistica. Un’aderenza rincarata e protratta dalla trama, degna di un feuilleton o di un romanzo parastorico di Dan Brown, con triangoli amorosi, torture politiche, colpi di scena e strascichi del passato che giungono opportunamente fino al presente. Se si aggiunge la pretesa del regista di fare un thriller filosofico -che si translittera nelle considerazioni esistenzialiste di Amadeu affidate alla voice over di Jeremy Irons- il quadro è completo e l’avvertimento lanciato.
    Mélanie Laurent e Jack Huston, nei panni dei due giovani amanti rivoluzionari, fanno ciò che è in loro potere per strappare il film alla calligrafia e consegnargli a tratti dei momenti di maggior credibilità, ma lo spazio è poco e il contesto ingrato.
    Con Night train to Lisbon Bille August manca la sovrapposizione auspicabile tra contenuto ed espressione: desideroso di parlare di un episodio di rinnovata vitalità nell’esistenza di un uomo ormai maturo, realizza invece un film colpevolmente vecchio, nel quale pesano le metafore spiegate ad alta voce (di fronte al treno in partenza o nello studio oculistico) e il ruolo passivo del protagonista. Per passare dalla carta al cinema occorreva davvero il coraggio di prendere un altro treno. 

     

  • Martedì 24 Maggio 2016 => “L’uomo nell’ombra”, un film di Roman Polanski. Con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams, James Belushi. uomonell'ombraTrama: L’ex primo ministro britannico Adam Lang vive su un’isola negli Stati Uniti con la moglie, la segretaria e le guardie del corpo. Viene raggiunto da un ghost writer incaricato di rivedere da cima a fondo la sua autobiografia. Lo scrittore va a sostituire il precedente ghost writer che è morto cadendo da un traghetto in circostanze misteriose. In breve tempo lo scrittore comprende di essersi accollato un’impresa scottante e non solo sul piano letterario. Lang viene infatti accusato di avere, nel corso del suo mandato, consentito la tortura di prigionieri sospettati di terrorismo e di avere inconfesssati legami con la Cia. Roman Polanski potrebbe, a buon diritto, farsi aggiungere il nome di Alfred dopo questo suo thriller che si rifà al grande Hitchcock con una consapevolezza della classicità che pochi possono vantare senza scadere nel rifacimento privo di originalità. Il regista ha sempre privilegiato nel suo cinema l’ambiguità del vivere, sia che si trattasse di giovani donne in attesa del figlio del demonio che di fanciulli costretti a rubare nell’Inghilterra dickensiana. Approda ora al thriller con risvolti spionistici grazie a un romanzo che rispetta profondamente e a un Ewan McGregor che ricorda senza perdere nulla in modernità (Al uomonellombra2Qaeda e soprattutto Cia sono sempre minacciosamente presenti) i Cary Grant e James Stewart di un tempo. E’ perfetto nei panni dell’uomo qualunque costretto a destreggiarsi in una trama (letteraria, di rapporti gerarchici, politici e sentimentali) che rischia ad oggni passo di travolgerlo con le sue parziali rivelazioni. Si avverte il divertimento di Polanski che finisce con il non essere disgiunto da una sorta di consapevolezza preveggente.
    Il suo Adam Lang vive negli Stati Uniti dove non esiste un trattato di estradizione con l’Inghilterra. Roman Polanski, come tutti sanno, è stato arrestato in Svizzera per un lontano reato di rapporto sessuale con una minorenne. Stati Uniti e Svizzera hanno invece un trattato di estradizione. Un’avvertenza: non fatevi raccontare da nessuno il finale. Magari lo avrete già previsto ma sarà decisamente più piacevole scoprirlo in progress.

     

  • Martedì 31 Maggio 2016 => “Storia di una ladra di libri”, un film di Brian Percival. Con Geoffrey Rush, Emily Watson, Sophie Nélisse, Ben Schnetzer, Nico Liersch.storia-di-una-ladra-di-libri2Trama: Germania, 1939. Liesel Meminger è una ragazzina di pochi anni che ha perduto un fratellino e rubato un libro che non può leggere perché non sa leggere. Abbandonata dalla madre, costretta a lasciare la Germania per le sue idee politiche, e adottata da Rosa e Hans Hubermann, Liesel apprende molto presto a leggere e ad amare la sua nuova famiglia. Generosi e profondamente umani gli Hubermann decidono di nascondere in casa Max Vandenburg, un giovane ebreo sfuggito ai rastrellamenti tedeschi. Colto e sensibile, Max completa la formazione di Liesel, invitandola a trovare le parole per dire il mondo e le sue manifestazioni. Perché le parole sono vita, alimentano la coscienza, aprono lo spazio all’immaginazione, rendono sopportabile la reclusione. Fuori dalla loro casa intanto la guerra incombe e la morte ha molto da fare, ricoverando pietosa le vittime di Hitler e dei suoi aguzzini, decisi a fare scempio degli uomini e dei loro libri.
    Adattamento del romanzo di Markus Zusak, Storia di una ladra di libri è un racconto di formazione ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale in un piccolo villaggio della Germania. Nato da un’urgenza e dall’infanzia dell’autore, il libro di Zusak descrive una crescita forzata e indotta dalla crudeltà degli uomini. Ma la violenza della guerra e l’assurdità del mondo degli adulti vengono fiaccate dai libri e dalla letteratura, corsie preferenziali per la conoscenza. E attraverso i libri la giovane protagonista abbandona la superficialità tipica dell’età e impara a leggere (tra le righe), capendo quello che la circonda, scoprendo i misteri della vita e della sua assenza. Tradotto in trenta lingue, “La bambina che salvava i libri” è sceneggiato da Michael Petroni (Le Cronache di Narnia – Il viaggio del veliero) e diretto da Brian Percival (Downton Abbey), che decide per una regia classica e decisamente didascalica. Messa in scena che non rivoluziona il genere ma rende il film accessibile e concentrato sul suo soggetto: la dittatura dell’incultura. L’innocenza della protagonista si scontra presto coi terribili ‘uomini grigi’ di Hitler, che rubano ‘il tempo’ a chiunque osi contrariarli. E al fuoco della loro follia, la piccola Liesel sottrae i libri, unendo l’attenzione per gli altri alla forza di un sorriso. La speranza risiede nei suoi gesti e in quelli dei suoi genitori, nella loro voglia di libertà, nel loro bisogno comunitario, nel loro amore per il prossimo. Se Hitler ordina ai suoi ‘figli’ di bruciare i libri, un padre protegge sua figlia dall’orrore grazie alle parole di quei libri. Perché l’arte è una sorta di coscienza salutare, e in quegli anni bui provvidenziale a risollevare le persone dall’umiliazione e dall’ignominia subita. Racconto edificante, Storia di una ladra di libri partecipa a una tendenza attuale che mostra cittadini tedeschi irriducibili e resistenti contro lo stato delle cose. Impeccabilmente interpretato da Geoffrey Rush, Emily Watson e la giovane Sophie Nélisse, abile nell’esibire l’anima più genuina dell’infanzia e a far conoscere tutta la vulnerabilità della fase più delicata nello sviluppo di un individuo, Storia di una ladra di libri rivela una superficie liscia e una narrazione senza asperità. Il film ‘storico’ di Brian Percival ha tutte le caratteristiche ma anche i limiti di uno spettacolo familiare, che rinuncia alla (più) complessa costruzione del romanzo per una maggiore presa spettacolare. ‘Ricostruttore’, piuttosto che autore, il regista inglese pasticcia con la ‘mortale’ voce fuori campo, che dovrebbe essere il filtro tra gli accadimenti e il lettore e finisce invece per penalizzare la storia, intervenendo approssimativamente sullo svolgimento. Nella versione originale poi, in italiano il doppiaggio assorbe il garbuglio linguistico, intercala l’inglese col tedesco, impiegato come mero richiamo realistico ed elementare décor sonoro. Nondimeno Storia di una ladra di libri resta un film comunicativo, in grado di catturare lo spettatore e donargli un insegnamento veramente sentito. Perché per Brian Percival i libri hanno un valore rilevante, culturale e formativo. Insieme al cinema, possono veicolare contenuti importanti, farsi serbatoio dei capitoli della storia universale della formazione umana, nutrimento dell’immaginario, senza rinunciare ad emozionare.
    Le proiezioni avranno tutte inizio alle ore 21:00.
    Siate puntuali come lo saranno le proiezioni.
    Ciao, bella gente!

Les jeux sont faits

Les jeux sont faits

“Rien ne va plus, les jeux sont faits”, così recita l’espressione francese per chiudere le puntate in una partita a roulette. Tre pellicole, che cavalcano una cinquantina d’anni, per mettere in evidenza come il gioco sia una cosa con cui ridere e una cosa con cui far piangere.

– Marrivincita nataletedì 12 Gennaio 2016 => “La rivincita di Natale” (Italia – 2004), un film di Pupi Avati con Diego Abatantuono, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber, Gianni Cavina, George Eastman

rivincita natale2Trama: Il tavolo verde di Avati si accende ancora e riluce degli sguardi di cinque personaggi in cerca di sé stessi e di un momento che per tutti, vincente o perdente, si imprime in una vita che non sempre è quella che sembra, e, molto frequentemente, rappresenta una dura realtà. Franco, 18 anni dopo una sconfitta in una partita a carte che lo ha segnato (anche economicamente), cerca i suoi “compagni di ventura” per giocare una rivincita su molti fronti. Lele, critico cinematografico malato di cancro, Ugo, conduttore televisivo, Stefano, proprietario del “luogo del delitto”, l’avvocato Santelia. I protagonisti fra giochi delle parti si presentano nuovamente a rivivere quell’attimo che li mette a confronto in valore assoluto, senza considerare la loro condizione di vita attuale. La tensione della vecchia amicizia è ora dentro il mazzo di carte, che legge e mette a confronto ancora una volta l’anima e il cuore di chi è coinvolto.
Il regista mette in scena gli uomini ancor prima dei luoghi, e li innalza alla magia del cinema. Le interpretazioni superlative e i tempi drammatici costruiscono un’opera “da camera” perfetta in ogni dettaglio.
Quando il cinema italiano è realtà a ventiquattro fotogrammi al secondo.

stangata– Martedì 19 Gennaio 2016 => “La Stangata” (USA – 1973), un film di George Roy Hill. Con Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw, Charles Durning, Eileen Brennan.

Trama: Negli anni Trenta due abili imbroglioni riescono, con una partita a poker truccata e con una girandola di trovate esilaranti, a truffare una grossa somma di danaro a stangata_2un terribile gangster di Chicago. La truffa colossale è anche e soprattutto l’occasione per vendicare una morte di un comune amico. Idealismo, abilità e guasconate costituiscono l’esplosiva miscela di questo soggetto condotto magistralmente da Hill che vi schiera la stessa squadra del fortunato Butch Cassidy e soprattutto si affida al ragtime di Scott Joplin riarrangiato da Marvin Hamlish. La colonna sonora crea un’atmosfera unica e irrepetibile. Il film fece incetta di premi Oscar e sbancò al botteghino.

21– Martedì 26 Gennaio 2016 => “21” (USA – 2008), un film di Robert Luketic, con Jim Sturgess, Kevin Spacey, Kate Bosworth, Aaron Yoo, Liza Lapira.

Trama: Ispirato ad una storia vera, 21 racconta le gesta di Ben Campbell, brillante studente del Mit che, per raggranellare i soldi necessari a pagarsi l’università, decide di unirsi a un gruppo scelto di cervelloni che ogni settimana, dotati di false identità, saccheggiano i casinò di Las Vegas grazie alla loro abilità nel gioco del Blackjack, guidati da Micky Rosa, un geniale e ben poco ortodosso professore, capace di elaborare un sistema infallibile per vincere, basato su segnali e conteggi matematico-probabilistici applicati al gioco. Le iniziali fortune fanno montare la testa a Ben che, invaghito della bella compagna di avventure Jill Taylor, si spinge sempre più in là, fino ad arrivare a superare il punto di rottura, rappresentato da Cole Williams, manager della security del casinò che non vede di buon occhio i continui successi di Ben…

21_2Il casinò è uno dei luoghi meglio frequentati dal cinema: è stato teatro di numerosi film di successo e promana sempre un fascino particolare. Nonostante sia ispirato ad una storia vera (sembra incredibile, eppure è così, e il romanzo “Bringing Down the House” è lì a ricordarcelo), 21 strizza l’occhio in maniera più o meno smaccata alla trilogia di Ocean’s, con al posto delle rinomate star guidate da Clooney, un gruppetto di giovani promesse con pochi soldi (nel film, ovviamente) e molto cervello. Il vero spettacolo però, prevedibilmente, si ha quando nell’arena scendono i sempre amabili Kevin Spacey (che si diverte come un matto) e Lawrence Fishburne che danno lezioni di stile e dimostrazione di consumato talento.

Purtroppo, anche a causa di uno script abbastanza prevedibile, la regia di Luketic, più a suo agio nelle commedie che in film di questo tipo, non riesce a mantenere alto il ritmo del film, né a distinguerlo da classici del genere “truffe in grande stile” come La stangata e simili.

Se a questo aggiungiamo una durata francamente eccessiva, almeno in relazione alla quantità di eventi e colpi scena presenti nella storia, quel che ne esce è un film leggero, senza pretese, che offre un piacevole intrattenimento, ma nulla di più.

Le proiezioni avranno tutte inizio alle 21:30, puntuali!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi.

Circolo Virtuoso Bukó
Via Stanislao Bologna 30, Benevento

Arte D’Annata – Vol 2

Seconda edizione della rassegna cinematografica dedicata all’arte, a quella dannata un po’ datata. Tre appuntamenti invernali per cogliere elementi della vita di tre grandi artisti che hanno fatto la storia dell’uomo.

Martedì 01 Dicembre 2015 => “Get On Up” (USA – 2014), un film di Tate Taylor. Con Chadwick Boseman, Nelsan Ellis, Dan Aykroyd, Viola Davis, Craig Robinson.

Get-On-Up-poster-film-USTrama: La vita, i successi e i fallimenti di James Brown, The Hardest Working Man in Show Business, dal 1988 del suo chiacchierato arresto, con inseguimento della polizia, indietro nel tempo fino alla tragica infanzia. Raccontare la storia del più grande lavoratore dello show business: un compito improbo. Oltre a evitare gli ostacoli del biopic per farlo è necessario catturare lo spirito di un musicista-istrione-simbolo incontenibile dentro e fuori dal palcoscenico.
Trasmettere la potenza delle sue performance e la complessità di uno dei casi più clamorosi di ascesa verticale dalle stalle alle stelle. Letteralmente dalle une alle altre. Taylor Tate sceglie di immortalare Mr Dynamite, il James Brown del Mito, in cui la maschera dell’infallibilità e l’atteggiamento costantemente sopra le righe nascondono le fragilità interiori, in cui il genio di un artista capace di inventare un nuovo soul, un nuovo funk e di anticipare così decenni di musica a venire convive con una personalità debordante. L’egocentrismo, l’amore per l’eccesso e l’incapacità di autocontrollo emergono come comportamenti “giustificati” dall’infanzia tragica di Brown, divisa tra miseria e violenza domestica, che lo segna indelebilmente e lo perseguita come un fantasma. Componente, quest’ultima, che il regista, con ingenuità disarmante, traduce in immagini, rendendo i genitori di Brown una sorta di spettri che ricorrono nei momenti più drammatici.
getonupTate concentra la sua analisi di Brown su quest’unico punto, esasperandolo nel rapporto con l’amico fedele Bobby Byrd, la cui generosità è costantemente ricambiata dal disprezzo e dall’ingratitudine: il risultato non va al di là della caratterizzazione macchiettistica da villain dei fumetti, come un motivo mononota esteso ben oltre i limiti naturali. L’esatto contrario del caleidoscopio emozionale generato dalla musica di Brown, che Tate sfrutta a piene mani, avvalendosi dei brani immortali che alla biografia di Jimi Hendrix, All is by My Side, sono disperatamente mancati. Il montaggio iniziale che rimbalza dal triste episodio del 1988 al concerto in Vietnam per tornare al passato remoto – un’infanzia che pare estratta da 12 anni schiavo, dove l’incontro di Brown con la Storia guarda alla tecnica, ormai iper-sfruttata, del montaggio stile Forrest Gump – si adagia ben presto in una più tradizionale visione diacronica e lo sforzo del protagonista Chadwick Boseman non va oltre la mimesi più ovvia di gesti e accento di Mr Dynamite, tutt’altro che agevolato da un make-up eccessivo e da una cura per la ricostruzione visiva vicina al canone della produzione televisiva.
Curiosamente produce Mick Jagger, nonostante gli Stones escano malissimo dalla rievocazione del Tami show, in cui James Brown dovette cedere lo slot di chiusura ma rubò loro la scena.

poetiInferno

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Martedì 15 Dicembre 2015 => “Poeti Dall’Inferno” (Francia, Gran Bretagna, Belgio – 2005), un film di Agnieszka Holland. Con Romane Bohringer, Leonardo DiCaprio, David Thewlis, Dominique Blanc, Felicie Pasotti.

poeti_infernoTrama: La Holland sceglie di raccontare la passione che dal 1871 al 1873 legò Paul Verlaine e Arthur Rimbaud. Non c’è però nulla di agiografico o di patinato nella sua ricostruzione di questo rapporto tutto “genio e sregolatezza”. Anzi, semmai qui la seconda è padrona quasi assoluta del campo in tutta la sua dissoluzione di qualsiasi “umanità”. Con, in aggiunta, lo sguardo della giovanissima moglie di Verlaine.

Lautrec– Martedì 22 Dicembre 2015 => “Lautrec” (Francia, Spagna – 1998), un film di Roger Planchon. Con Claude Rich, Régis Royer, Anémone, Elsa Zylberstein, Micha Lescot.

Trama: La vita del grande pittore Toulouse Lautrec nella Parigi della belle époque. La vita non è facile per il giovane Hanri, che non ama la gente e non è amato. Per il resto lautrec2belle ricostruzioni (fin troppo) e la Montmartre degli artisti. Il film percorre tutta la vita dell’artista in modo didattico e professionale ma senza dimenticare un incontro (Van Gogh, Degas ecc.), un amore (quello con Suzanne Valadon), una nota di décor. Consentendo così al simil-vero della ricostruzione di divorarsi il resto. Tra le pieghe dei tessuti e quelle della psicologia dell’artista la regia predilige le prime. Non si può non ricordare il classico (americano) Moulin Rouge di Huston, con José Ferrer premio Oscar nella parte di Lautrec, di gran lunga superiore.

Le proiezioni hanno tutte inizio alle ore 21:30, con una certa puntualità!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi!

Storie Di Ordinaria Vita Vissuta

Ci sono i film bellissimi, pieni di effetti speciali, grandi attori, grandi storie e concetti filosofici non trascurabili. Ci sono i film pieni di storie di vita vissuta: a volte, storie di vite abbastanza comuni e speciali per il modo in cui vengono vissute, altre storie invece riguardano certe persone, certi episodi che difficilmente si replicheranno. Con la rassegna “Storie di Ordinaria Vita Vissuta” si darà spazio a quattro storie vere che il cinema ha saputo elogiare o, in qualche modo, rappresentare.

fighter2– Martedì 03 Novembre 2015 => “The Fighter” (USA 2010), un film di David O. Russell. Con Mark Wahlberg, Christian Bale, Amy Adams, Melissa Leo, Jack McGee.
Trama: Dickie e Micky Ward sono due fratelli entrambi pugili. Vivono a Lowell, una cittadina di provincia del Massachusetts in cui Dickie, il maggiore, è divenuto una sorta di leggenda vivente per aver mandato al tappeto Sugar Ray Leonard. Ora però Dickie fuma crack ed è sempre meno lucido ma non vuole smettere di essere l’allenatore del fratello. Il quale è messo sotto pressione anche dall’ambiente familiare. La madre Alice pretende di essere il suo manager, spalleggiata dalla tribù di sorelle del ragazzo. Micky viene mandato allo sbaraglio in un incontro e da lì cresce pian piano il desiderio di affrancarsi da una famiglia davvero troppo pesante da sopportare. L’incontro con la barista Charlene offre un ulteriore impulso a questa separazione. Ma non sarà un percorso facile e, forse, non sarà neanche quello giusto.
fighter1Un titolo che potremmo definire perfetto The Fighter perché questo film racconta sì di un pugile ma è soprattutto la cronistoria di un combattimento costante di un uomo contro chi, per un malinteso concetto di amore (fraterno o materno che sia), rischia di soffocarne per sempre la personalità. Micky Ward, classe 1965, è arrivato al titolo mondiale nella categoria dei Welter leggeri nel 2000 ma ciò su cui il film si focalizza è il rapporto con l’ambiente, sia esso familiare che sociale, in una sonnolenta città di provincia.

argo1– Martedì 10 Novembre 2015 => “Argo” (USA 2012), un film di Ben Affleck. Con Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber.

Trama: Nel 1979, in seguito alla fuga negli Stati Uniti dello Scià iraniano Mohammad Reza Pahlavi du– Martedì 10 Novembre 2015 => “Argo”rante la rivoluzione, l’ambasciata americana di Teheran fu presa d’assalto dai rivoluzionari e i suoi impiegati sequestrati per più di 400 giorni. Sei cittadini statunitensi riuscirono a fuggire di nascosto e trovare rifugio nella residenza dell’ambasciatore canadese, il quale, a proprio rischio e pericolo, concesse clandestinamente ospitalità e supporto.
argoPer riportare in patria i propri connazionali la CIA organizzò una missione di esfiltrazione particolarmente audace, ideata dall’esperto del campo Tony Mendez e coadiuvata da una vera produzione hollywoodiana. Basandosi su una sceneggiatura realmente acquistata dal sindacato sceneggiatori fu data l’illusione a tutti (soprattutto alla stampa, in modo che si producessero articoli in materia) che c’era l’intenzione di girare un film di fantascienza in Iran, così da poter ottenere dal Ministero della cultura iraniano il permesso di entrare ed uscire dal paese e, nel fare questo, poter portare via i sei ospiti dell’ambasciatore canadese spacciandoli per maestranze del film.
Il titolo del finto film in questione era Argo.
Sulle basi di questa vera storia Ben Affleck orchestra un film che forza la realtà dei fatti quanto serve per creare tensione e suspense ma non manca mai di rimarcare gli elementi di veridicità e di confinare in maniera netta le licenze cinematografiche.

Giulio Manfredonia– Martedì 17 Novembre 2015 => “Si può fare” (Italia 2008), un film di Giulio Manfredonia. Con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Giorgio Colangeli, Bebo Storti.
Trama: Milano, primi anni ’80. Nello è un sindacalista dalle idee troppo avanzate per il suo tempo. Ritenuto scomodo all’interno del sindacato viene allontanato e “retrocesso” al ruolo di direttore della Cooperativa 180, un’associazione di malati di mente liberati dalla legge Basaglia e impegnati in (inutili) attività assistenziali. Trovandosi a stretto contatto con i suoi nuovi dipendenti e scovate in ognuno di loro delle potenzialità, decide di umanizzarli coinvolgendoli in un lavoro di squadra. Andando contro lo scetticismo del medico psichiatra che li ha in cura, Nello integra nel mercato i soci della Cooperativa con un’attività innovativa e produttiva.
“La follia è una condizione umana” dichiarava Basaglia, psichiatra. “In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla”. Prima dell’introduzione in Italia della “legge 180/78”, detta anche legge Basaglia, i manicomi erano spazi di contenimento fisico dove venivano utilizzati metodi sperimentali di ogni tipo, dall’elettroshock alla malarioterapia. Il film di Giulio Manfredonia si colloca proprio negli anni in cui venivano chiusi i primi ospedali psichiatrici e s’incarica di raccontare un mondo che il cinema frequenta raramente, non tanto quello trito e ritrito della follia, quanto quello dei confini allargati in una società impreparata ad accoglierne gli adepti. Attenzione però. Il regista evita accuratamente qualunque tipo di enfasi, sfiorando appena la drammaticità senza spettacolarizzarla, in favore di un impianto arioso, ridente, talvolta comico, letiziando lo spettatore con una commedia (umana) che diverte e allo stesso tempo fa riflettere.

127hours– Martedì 24 Novembre 2015 => “127 Ore (USA, Gran Bretagna 2010), un film di Danny Boyle. Con James Franco, Amber Tamblyn, Kate Mara, Clémence Poésy, Kate Burton.

Trama: Aron Ralston, 26 anni, entusiasta dello sport e della libertà, si concede una giornata di biking e trekking nel Blue John Canyon dello Utah. Sole, musica, paesaggi mozzafiato e un fortuito incontro con due belle escursioniste che si prestano a tuffi e risate: cosa chiedere di più? Tornato solo, però, scendendo un crepaccio, Aron smuove inavvertitamente un masso vecchio di milioni di anni e si ritrova immobilizzato, con un braccio bloccato tra questo e la roccia, praticamente senza cibo né acqua. Sopravvivrà 5 giorni in condizioni fisiche e psicologiche gravissime, arrivando, per liberarsi, a segarsi il braccio con un coltellino.

127_ORE_WALLPAPERDa sempre Danny Boyle intende il cinema come uno sport estremo. Nel bene e nel male, piaccia o faccia storcere il naso, questo è il suo credo, la sua marcia. In passato, però, dopo l’incontro magico con l’immaginario di Irvine Welsh, si è spesso arrabattato per far coincidere il ritmo e il senso dei racconti con quello della sua visione e della sua macchina da presa, forzando la mano e scadendo volentieri nel virtuosismo gratuito e grezzotto.

La vicenda reale di Aron Ralston ha offerto, invece, al regista inglese ciò che attendeva da tempo (o forse eravamo noi ad attenderlo più di lui), vale a dire pane per i suoi denti, cibo per la sua mente. Boyle ri-immagina, infatti, l’esperienza estrema di Ralston con i ralenti e le accelerazioni, le soggettive impossibili e i raddoppi di formato (la telecamerina, come in The Beach) che tanto gli piacciono, ma anche con un pudore e una pulizia che non eravamo pronti ad attribuirgli.

Le proiezioni avranno inizio alle ore 21:30, puntualissime!
Siate anche voi puntuali nel palesarvi!

The Dark side of the October

The Dark side of the October
Ottobre, mese oscuro, inizio d’autunno dai colori più disparati. Mese di frutti, raccolte, vendemmie e ricci di castagne. Ottobre racconta cose che la Terra conosce da tempo e che ci vuol dire solo attraverso l’esplosione di Natura.
Ma Ottobre è anche mese del Capodanno Pagano, dei riti della terra, dell’oscuro e degli incubi, della magia e della paura.
Con “Dark side of October” al Circolo Virtuoso Bukó intendiamo mettere in risalto proprio questi ultimi elementi: incubi, paure, magia, oscuro e rosso sangue.

nightmare– Martedì 06 Ottobre 2015 => “Nightmare” (USA 1984), un film di Wes Craven. Con John Saxon, Nick Corri, Amanda Wyss, Johnny Depp, Robert Englund.
Trama: Una notte, una ragazza si sveglia terrorizzata dopo un incubo: ha sognato che un mostro dalla mano artigliata tentava di ucciderla. Anche la sua migliore amica ha fatto lo stesso sogno e l’incubo diventa presto realtà. Il primo film della nota serie horror che ha lanciato Wes Craven come piccolo maestro del genere. Freddy Krueger, il mostro dalla mano-artiglio, è da anni lo spauracchio preferito degli americani.

carrie– Martedì 13 Ottobre 2015 => “Carrie: lo sguardo di Satana” (USA 2013), un film di Kimberly Peirce. Con Chloe Moretz, Judy Greer, Portia Doubleday, Alex Russell, Gabriella Wilde.
Trama: a giovane Carrie, dominata da una madre bigotta e possessiva, è emarginata a scuola per la timidezza, la goffaggine e la scarsa consapevolezza, come emerge dalla sua disperazione nello scoprire nelle docce della scuola le prime mestruazioni senza sapere assolutamente di cosa si tratti, tra le risate di scherno delle sue compagne di classe. La comprensiva professoressa Desjardin cerca di prendersi cura di lei, ma la situazione non è facile. La mamma della ragazza, infatti, non deflette dalla sua impostazione rigidissima e Carrie, che vorrebbe solo essere una ragazza come le altre, è in costante conflitto con lei. Inoltre, la bulletta Chris Hargensen medita una memorabile vendetta per i guai disciplinari che involontariamente Carrie le ha procurato. Carrie, però, davvero non è una ragazza come le altre: i suoi poteri telecinetici la rendono unica.

carrie-lo-sguardo-di-satana-2013Carrie – Lo sguardo di Satana, il film che Brian De Palma ha tratto nel 1976 dal romanzo di Stephen King resta un paradigma difficile con cui confrontarsi. Ne sono già stati “stritolati” un tardivo seguito e un remake televisivo. Ritornarci sopra adesso richiedeva un approccio “nuovo”, non condizionato dall’appartenenza al genere. Questo forse spiega la scelta di una regista a digiuno di horror. Kimberly Peirce si era fatta notare con un film singolare e riuscito come Boys Don’t Cry, con cui Hilary Swank ha vinto il suo primo Oscar. Carrie è il suo primo horror, ma ha al centro una protagonista che si trova a disagio con la propria vita ed è vittima dei preconcetti e della cattiveria della gente, con più di qualche elemento in comune, quindi, con Boys Don’t Cry. La sua versione della vicenda di Carrie White non è radicalmente innovativa, ma funzionale allo scopo di proporla alle nuove generazioni: la regista si avvicina alla materia con rispetto cercando di far funzionare la storia per quello che vale, senza introdurre elementi originali sostanziali e concentrandosi sulla psicologia del personaggio principale.

Ciò che emerge ancora con forza è quindi la rappresentazione del disprezzo verso il diverso, aggiornata ai tempi dei social network e dei filmati con i telefonini. Il “messaggio” che deriva dal romanzo di King rimane sostanzialmente intatto, con il corollario della descrizione – di maniera, ma tuttora efficace – della durezza e della cattiveria caratteristiche del momento di passaggio adolescenziale e della vita in comune all’interno dell’istituzione scolastica, dove i più deboli corrono sempre il rischio di diventare vittime dei più forti. Il meccanismo narrativo kinghiano – trasposto efficacemente in immagini da Kimberly Peirce – mostra ancora la sua semplice perfezione nell’edificare il dramma e nel suscitare la partecipazione sino all’apoteosi finale in un tripudio di effetti speciali.

Chloë Grace Moretz è una delle attrici giovani più in voga del momento e si è fatta notare in film assai diversi tra loro come Diario di una schiappa e Hugo Cabret, ma non è nuova all’horror sin dai tempi del discreto Zombies – La vendetta degli innocenti e di una raffica di remake, da Amityville Horror a The Eye, derivazione americana dell’omonimo horror asiatico dei fratelli Pang, a Blood Story, versione hammeriana dello svedese Lasciami entrare. È brava, ma non è Sissy Spacek, che al ruolo di Carrie aveva saputo portare una complessità e profondità particolari. Inoltre, forse è troppo carina per essere davvero credibile come totale emarginata. Julianne Moore è più dimessa e realistica rispetto alla delirante Piper Laurie del film di De Palma, rendendo più persuasiva la critica contro l’oscurantismo che domina il suo personaggio, esemplificato sin dall’inizio nella feroce e azzeccata scena del parto casalingo.

rec– Martedì 20 Ottobre 2015 => “REC” (Spagna 2007), un film di Jaume Balagueró, Paco Plaza. Con Manuela Velasco, Ferrán Terraza, Jorge Yamam, Pablo Rosso, Carlos Lasarte.
Trama: Mentre voi dormite: questo il nome del programma televisivo condotto da Angela. Una notte nella vita di una caserma dei vigili del fuoco di Barcellona, seguita in diretta dalla ragazza e dal suo cameraman Pablo. E proprio la macchina da presa del ragazzo diventa l’occhio dei due registi del film, Jaume Balagueró e Paco Plaza, finendo così per far coincidere il girato di «Mentre voi dormite» con il film stesso.

Una trovata non troppo originale (vedi The Blair Witch Project!) ma che calza alla perfezione a un film angosciante e vouyeristico come Rec: l’uscita dalla caserma per rispondere a quella che sembrava una chiamata di routine si trasforma infatti per la troupe televisiva e per i pompieri in un vero inferno senza vie di fuga.

rec-1Un inferno che anche lo spettatore finisce per vivere sulla propria pelle, intrappolato nella palazzina insieme ai personaggi, sotto l’occhio perennemente vigile della macchina da presa di Pablo, che è poi l’occhio dell’autore – o meglio, degli autori. L’occhio cinematografico, così spietato e inopportuno di fronte alla tragedia umana, diventa così anche l’unico testimone del teatro degli orrori che mettono in atto i vari personaggi – tutti ben caratterizzati e non privi di una certa dose di ironia, dalla mamma isterica e apprensiva, all’immancabile (per il genere horror) bambina dolcemente terrificante, fino al cameraman Pablo, credibile anche se inquadrato solo dalle caviglie in giù!

Il giovane spagnolo Balagueró, affermatosi con Nameless ma poi soprattutto con Darkness, torna a girare un horror genuino, fresco e per fortuna tutto spagnolo (anche nel cast, dopo il pessimo esperimento americano di Fragile!), ai livelli dell’altrettanto personale progetto “minore” di Para entrar a vivir, presentato a Venezia 2006, che fa parte della serie Peliculas para non dormir.

Unendo le sue forze con il giovane connazionale Paco Plaza (Second Name) e giocando la carta della semplicità, è riuscito con successo in questo non facile esperimento di rinnovamento di un genere ormai inflazionato, creando un concentrato di terrore che non deluderà gli appassionati e farà saltare sulla sedia anche i più scettici.

ballata_odio_amore1– Martedì 27 Ottobre 2015 => “Ballata dell’Odio e dell’Amore” (Spagna Francia 2010), Un film di Álex De la Iglesia. Con Carlos Areces, Antonio de la Torre, Carolina Bang, Sancho Gracia, Juan Luis Galiardo.
Trama: Guerra civile spagnola. Durante uno spettacolo circense, i due pagliacci in scena vengono arruolati a combattere nell’esercito repubblicano. Uno di loro viene arrestato e costretto a lavorare per lo stato. Il giovane figlio Javier organizza un attentato per vendicarsi dei soprusi subiti ma, nello scoppio, muore anche il padre. Da grande, sotto la dittatura di Franco, viene assunto come Pagliaccio triste in un circo, dove incontra Sergio, il suo alter ego sorridente, con il quale dovrà dividere il palco e l’amore per l’acrobata Natalia.

I mostri politici della storia – raccolti nel quadro spaventoso dei titoli di testa – hanno una responsabilità precisa nei confronti di chi governano. Se il potere impera attraverso repressioni violente, il popolo subisce le conseguenze di quella prepotenza perchè diventa parte di essa, pur senza averne la colpa. Come un virus insidioso, il terrore della guerra civile spagnola mette radice in corpi indifesi come quello del piccolo Javier. Il padre, pagliaccio per mestiere e tradizione, lo invita ad assaporare il fascino della vendetta, investendolo di una missione distruttiva che si alimenterà inesorabilmente, malgrado le occasioni di rinsavimento poste dal destino.

ballata_odio_amoreDe la Iglesia recupera, dopo la più rarefatta narrazione di Oxford Murders, l’uso dotto del grottesco de La Comunidad.

Potrebbe sembrare azzardato e inopportuno tramandare la Storia ai posteri attraverso lo sguardo di un pagliaccio impazzito, prima schiavo della sua bontà, poi vittima di un’inarrestabile rincorsa alla ritorsione. Il regista, invece, riesce a coniugare la maschera del clown triste e il corredo di suggestioni che il personaggio porta con sè, con il dramma di un paese smunto di umanità, felice solo nei telegiornali di propaganda franchista.

Ballata-dellodio-e-dellamoreIl solitario Javier morde se stesso e gli altri, deturpa il viso del suo nemico Sergio e uccide tutti quelli che impediscono la rivincita sui potenti. L’oggetto del desiderio Natalia scappa ma è, allo stesso tempo, attratta dal male. Tutti i personaggi aderiscono ad un’idea di vita fondata sul masochismo, come a dire che in quel particolare atteggiamento, si nasconda l’unico modo per resistere al dolore provocato dagli altri. L’estremizzazione dei caratteri si accorda con la costruzione di scene di esagerata violenza, dove solitudine e tristezza si incontrano e danzano insieme sulle note malinconiche di una ballata ipnotica e seducente.

Le proiezioni hanno inizio puntualissime alle ore 21:30!
Siate puntuali…noi lo saremo nell’accogliervi nei nostri meandri dalle 20:00 in poi!