Nel mese di Maggio due sono gli appuntamenti con il cine-forum al CIRCOLO Virtuoso Bukó e per la prima volta si entra nello schermo sulle tracce della musica.
Sounds of Legends è un ciclo di film che per ora è alla sua prima edizione nel quale si ripercorrono le storie di gruppi leggendari della storia della musica internazionale.
Nel mese di Maggio due sono le date fissate per questi appuntamenti cine-musicali:
14 Maggio => Proiezione di “Pink Floyd Live at Pompei”
Trama: Film-concerto girato tra le rovine di Pompei che comprende i brani più famosi del celebre gruppo. Fatto per la televisione francese e belga, in assenza di pubblico, giocato su contrasti di luci, split-screen e sovrimpressioni, è una chicca per i fans più fedeli.
Il regista Adrian Maben gira un concerto a porte chiuse dei Pink Floyd all’interno della cornice di Pompei, inframmezzandolo con interviste ai membri del gruppo durante momenti di riposo negli studi di registrazione. L’esito complessivo dell’unione tra parte visiva e sonora risulta irresistibile: l’accurata ricerca stilistica delle immagini, unita alla naturale bellezza del sito scelto ed alle magiche melodie dei Pink Floyd trasporta, in un viaggio lungo ottantacinque minuti, dagli echi della distruzione vesuviana ai sussurri dei più lontani orizzonti cosmici.
Si comincia con la prima parte di Echoes, ed è subito una totale immersione nell’atmosfera floydiana, poi si procede con Careful With That Axe Eugene, A Saucerful Of Secrets (in cui il mirabile connubio audiovisivo raggiunge forse la vetta più elevata di tutto il film), Us and Them (estratti dalla registrazione in studio), One Of These Days (con sapienti giochi registici sulla batteria, fatta graficamente più e più volte “a pezzi” ed ogni volta ricomposta, per seguire il tema del brano), Mademoiselle Nobs, Brain Damage (proposta nello stesso modo di Us And Them), Set the Controls for the Heart of the Sun e, per chiudere in bellezza, la seconda parte di Echoes, su cui scorrono i titoli di coda chiudendo un’esperienza imprescindibile per gli amanti dei quattro geni britannici che più di ogni altro gruppo sono stati capaci di rivoluzionare la storia della musica impostando uno stile inimitabile, ineguagliato e, probabilmente (perlomeno fino ad ora), ineguagliabile. Unica nota parzialmente negativa è la presenza nel finale di Echoes (nella versione più recente del film) delle ricostruzioni digitali di Pompei prima della devastazione, cariche, se vogliamo, dal punto di vista del significato, ma visivamente inadatte al contesto. Per il resto, peccato solo che duri così poco.
28 Maggio => Proiezione di “When the music’s over, a film about the Doors”
Trama: Gli anni Sessanta cominciarono con i colpi di arma da fuoco che uccisero Kennedy e proseguirono con le esplosioni della Guerra in Vietnam e i sommovimenti delle rivoluzioni giovanili. In questo clima fervente di controcultura, si incontrano nell’estate del 1965 a Venice Beach, in California, due ex-compagni di corso della scuola di cinema di Los Angeles, il giovane tastierista Ray Manzarek e il ventiduenne aspirante poeta Jim Morrison. Ray resta talmente colpito da alcune liriche scritte da Jim, che, seppure il ragazzo sia completamente sprovvisto di una pratica musicale, decide di coinvolgerlo nel progetto di formazione di una nuova band assieme al batterista jazz John Desmore e al chitarrista esperto di flamenco Robby Krieger. I quattro si chiameranno The Doors, in omaggio a un verso di William Blake (“Se le porte della percezione venissero spalancate, ogni cosa apparirebbe all’uomo per come è: infinita”), e il timido poeta lisergico diverrà una delle più celebri e famigerate rock star della storia.
Pensare a Jim Morrison e alle sue canzoni evoca quasi sempre come prime suggestioni l’idea del fuoco, i paesaggi desertici e le forme e i movimenti flessuosi di una lucertola. Il giovane cantante-poeta maledetto vive di questi tre elementi nella coscienza collettiva, tanto che sia il biopic di Oliver Stone che questo documentario di Tom DiCillo iniziano con immagini che mostrano il deserto californiano e la sua fauna e che pongono enfasi su tutti i fiammiferi accesi e lentamente consumati. Anche il materiale narrativo e l’arco temporale coinvolto sono esattamente gli stessi per The Doors e per When You’re Strange: entrambi, più che sulla storia della band californiana che ha fuso il blues e il rock in suoni incendiari e psichedelici, si focalizzano sulla breve vita del cantante che ha riscritto ogni regola del divismo musicale, più di Elvis, più di John Lennon o di Mick Jagger. Ciò su cui invece i due lavori divergono, oltre alla generica differenza fra opera di finzione e ricostruzione documentaristica attraverso filmati d’archivio, è senza dubbio nel modo di leggere la figura tragica di Jim Morrison: un’icona del nichilismo e della volontà di potenza nietzschiana per Stone; un ragazzo romantico e scapigliato per DiCillo, che ha pagato il suo essere strano e straniero, continuamente in cerca di un’identità. Per veicolare quest’idea, il regista di Johnny Suede e Si gira a Manhattan pone in apertura una curiosa manipolazione fra filmati di repertorio, sovrapponendo le immagini di un film sperimentale girato e interpretato da Morrison stesso alla guida di una macchina con la notizia della sua morte diffusa via radio. L’effetto perturbante della sequenza contribuisce a dare un senso (se possibile) ancor più spettrale a quelle immagini, come se il fantasma di Jim Morrison vagasse per il deserto alla ricerca di una nuova identità dove aver perduto quella dell’infelice cantante di successo.
A parte questo filmato che guarda più da vicino l’espressione della personalità artistica del cantante formatosi alla UCLA, l’utilizzo degli altri filmati opera con un certo rigore documentario e accorda più importanza alla dimensione storico-sociale che circonda la parabola dell’aura maledetta di Morrison, attraverso la voce di un altro simbolo di una gioventù ribelle come Johnny Depp (il cantautore Morgan nella versione italiana). Il suo timbro profondo da pirata ex-amante di droghe e poeti maledetti tiene assieme glorie e fallimenti della band con quelli della cultura hippie, dai dischi di platino ai movimenti pacifisti, dagli arresti e dalle accuse di oscenità al massacro della setta di Charles Manson. Con quella tragedia si chiude il sogno delle droghe leggere e dell’amore libero, ma si avvia anche il tramonto di Morrison, il suo abbandono delle scene musicali e il ritiro poetico e spirituale a Parigi. Dove lo attende una morte (avvenuta a 27 anni, come vuole il tragico destino delle rock star più celebri come Jimi Hendrix, Janis Joplin e Brian Jones dei Rolling Stones), che lo avvicina tanto a una figura umana e meschina quanto a un mito misterioso e senza tempo.
L’appuntamento è per queste due giornate alle ore 21 presso il CIRCOLO Virtuoso Bukó…non mancate!
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